giovedì 29 dicembre 2011
giovedì 22 dicembre 2011
"La mente torna sempre agli inizi, ai primi lavori di bonifica, il pensiero si isola e mi riporta sui campi da bonificare, in mezzo ai miei colleghi: la sensazione di sentirmi l’attore protagonista di tutto quell’affaccendarsi per salvare, dai pericoli nascosti, la vita di tanti uomini, donne e bambini inconsapevoli e innocenti».
Un arsenale sotto terra È l’eredità della guerra
In tutto il territorio italiano migliaia di bombe inesplose
Il bonificatore Lafirenze: «Centro Italia da codice rosso»
PERUGIA - Migliaia di bombe d’aereo, proiettili di artiglieria, granate e mine disseminate nel sottosuolo italiano e lungo migliaia di chilometri di coste. C’è un vero e proprio arsenale, nascosto sotto terra, che ogni tanto riaffiora. È uno degli aspetti, spesso sottovalutati, dell’eredità che ci ha lasciato la Seconda Guerra Mondiale con i bombardamenti e le azioni militari in terra e in mare che nel quinquennio 1940-1945 seminarono distruzione in tutta la Penisola. L’eco di un conflitto che si è propagato fino ad oggi, fatto di residuati bellici altamente pericolosi, come dimostrano gli incidenti, alcuni dei quali mortali, registrati in oltre sessanta anni di storia. A dare credito a questa tesi è Giovanni Lafirenze, assistente tecnico BCM (Bonifica Campi Minati), un passato da Geniere nell’esercito, che sull’argomento ha scritto un libro, “La mia bonifica”, e ha creato un sito internet ricco di dettagli (www.biografiadiunabomba.it).Il bonificatore Lafirenze: «Centro Italia da codice rosso»
La questione dei residuati bellici nel sottosuolo italiano che portata ha ?
«L’Italia subisce i primi bombardamenti aerei dal 1940, ma sono incursioni “leggere”, mentre nel 1941 e nel 1942 le missioni aeree iniziano a creare enormi danni alla popolazione e alle aree urbane. Nell’estate del 1943, con lo sbarco degli Alleati in Sicilia, l’Italia conosce la guerra di terra: granate, mine, e quant’altro. La guerra di terra non blocca i bombardamenti aerei, che termineranno nel 1945, e a questi si aggiungono quelli tattici, di ausilio alle truppe e per ostacolare movimenti militari tedeschi. In pratica una guerra aerea e terreste in grado di trasformare l’Italia in una discarica bellica».
È possibile una stima del numero di ordigni inesplosi che si trovano ancora oggi nel territorio italiano?
«È difficile un calcolo del genere. Si può ipotizzare una percentuale di ordigni interrati e inesplosi per le bombe d’aereo il 3% ma non possiamo stabilire ciò che è stato sepolto o affondato per rendere più agevole una ritirata o spostamenti militari in genere. Chiediamoci, ad esempio, che fine ha fatto tutto il materiale esplosivo, e non solo, inutilizzato al termine del conflitto».
Quali sono le zone del Paese più a rischio?
«Il Nord Est, in cui si sono combattute due Guerre Mondiali, ma ogni luogo della Penisola comporta un considerevole rischio d’imbattersi in residuati bellici».
Qual è il livello di pericolosità nel centro Italia?
«Sicuramente è da codice rosso. Le faccio qualche esempio per comprendere meglio: il 14 febbraio 2007 a Cisterna di Latina alcuni operai che stanno scaricando un camion di pozzolana vedono rotolare una bomba d’aereo. L’8 ottobre 2007 a Piombino, in località spiaggia Lunga viene fatto brillare, a circa 500 metri dalla costa un ordigno rinvenuto il 20 settembre. Dieci giorni dopo, a Subbiano, in provincia di Arezzo, per una strana coincidenza semplici escursionisti e agenti del Corpo Forestale ritrovano quasi contemporaneamente più di 40 ordigni. Il 9 novembre dello stesso anno, a Ceccano, nel corso di lavori edili, operai addetti al cantiere rinvengono un ordigno bellico. E la lista potrebbe essere lunghissima».
Qual è il livello di pericolosità di questi ordigni?
«Ogni residuato bellico è pericolosissimo e non deve essere toccato.
Un rinvenimento occasionale deve essere subito denunciato alle autorità competenti di zona. Questi manufatti bellici hanno ucciso a Reggio Calabria, San Donà di Piave, Crocetta del Montello, San Lazzaro di Savena ed Asiago. A conferma che i residuati bellici non sono semplici pezzi di ferro, ma congegni in grado di portare a termine la propria missione di morte».
Spesso il ritrovamento di questi ordigni inesplosi provoca disagi alla popolazione dell’area interessata. Cosa può essere fatto a livello di prevenzione per diminuire disagi e rischi?
«Naturalmente un rinvenimento occasionale crea disagi improvvisi mentre una bonifica sistematica pianifica già in anticipo ogni procedura».
C’è attenzione alla questione da parte delle istituzioni?
«C’è un grande lavoro da parte delle istituzioni militari per mezzo delle sezioni Bcm di Napoli e Padova, e dei vari Reparti Genio Eod, che sono costantemente in missione per lo smaltimento dei residuati bellici».
Cosa potrebbe essere fatto in più?
«Tanta informazione, far capire a tutti che la bonifica sistematica evita emergenze costosissime e che nessuna bomba è mai stata concepita biodegradabile».
Lei porta avanti da anni una “battaglia” per divulgare questo tipo di contenuti spesso in secondo piano. Perché?
«Perché il lettore o l’utente radiotelevisivo sono attratti da altre priorità e non ci si rende conto di quale sia il livello di pericolo derivante dai residuati bellici. Ma io non mollo».
Intervista a cura di David Barbetti
Articolo estratto da "Hermes: Corriere Nazionale del 23/04/2010"
“Giovanni Lafirenze nasce a Bari il 5 Settembre del 1959.
Compiuti i sedici anni parte come volontario alla Scuola Allievi Sottufficiali di Viterbo.
In seguito è trasferito alla Scuola Telecomunicazioni di Chiavari, dove consegue la specializzazione di “Operatore Ponti Radio”. Conquistato il suo primo “successo”, viene distaccato presso la Caserma Cadorna di Bolzano.
Nel 1983 decide di offrire una poderosa svolta al suo tracciato professionale.
A malincuore, si separa dalla propria divisa. Si distacca da quelle mostrine da Geniere che ha sempre ammirato e si lascia coinvolgere da un nuovo mestiere. Il cercatore di bombe. A permetterglielo è la BO.CA.MI. di Milano, una ditta specializzata al recupero bellico, sia in terra sia in mare.
Giovanni è entusiasta del nuovo lavoro ed i colleghi lo sono altrettanto di lui. Passa anni in giro per l’Italia a rintracciare bombe e la BO.CA.MI. gratifica il suo serio impegno professionale mandandolo ad un corso B.C.M. dove consegue il brevetto da “rastrellatore da mine” , N. 178. La BO.CA.MI. ha i suoi miti, e Lafirenze già ama il nutrito trascorso dei colleghi più anziani, che gli hanno ormai consegnato a piene mani le proprie esperienze.
Il tempo è passato e Giovanni non ha mai obliato gli insegnamenti ricevuti, anzi nel tempo hanno sempre rappresentano il presente, dei suoi colleghi più giovani. Nel 2002 Giovanni Lafirenze consegue il brevetto d’assistente tecnico B.C.M. n. 165, ma non dimentica mai il suo passato da rastrellatore. Ormai la BO.CA.MI. non esiste più e Giovanni nel frattempo presta la sua opera presso altre ditte, specializzate anch’esse nel recupero ordigni bellici. Conosce altri colleghi, ma la sua vita non cambia. Almeno fino al 13 Novembre del 2004 quando alle ore 10:30 subisce un grave incidente, che lo costringe lontano dai cantieri per quasi un anno.
In quei tragici mesi, decide di scrivere un libro “La Mia Bonifica”, che a suo giudizio deve rappresentare un messaggio d’amore al suo ambiente e, uno strumento-vetrina che permetta ai lettori di addentrarsi un lavoro mai considerato da nessuno.
Lafirenze in parte è in errore, infatti anche accompagnato da enormi difficoltà a distanza di 12 mesi riprende a confrontarsi con la guerra sepolta e le sue bombe. Intanto “La Mia Bonifica”, ottiene discreti successi. L’autore è chiamato in diverse circostanze a sostenere conferenze su questo “nuovo” tema.
Compiuti i sedici anni parte come volontario alla Scuola Allievi Sottufficiali di Viterbo.
In seguito è trasferito alla Scuola Telecomunicazioni di Chiavari, dove consegue la specializzazione di “Operatore Ponti Radio”. Conquistato il suo primo “successo”, viene distaccato presso la Caserma Cadorna di Bolzano.
Nel 1983 decide di offrire una poderosa svolta al suo tracciato professionale.
A malincuore, si separa dalla propria divisa. Si distacca da quelle mostrine da Geniere che ha sempre ammirato e si lascia coinvolgere da un nuovo mestiere. Il cercatore di bombe. A permetterglielo è la BO.CA.MI. di Milano, una ditta specializzata al recupero bellico, sia in terra sia in mare.
Giovanni è entusiasta del nuovo lavoro ed i colleghi lo sono altrettanto di lui. Passa anni in giro per l’Italia a rintracciare bombe e la BO.CA.MI. gratifica il suo serio impegno professionale mandandolo ad un corso B.C.M. dove consegue il brevetto da “rastrellatore da mine” , N. 178. La BO.CA.MI. ha i suoi miti, e Lafirenze già ama il nutrito trascorso dei colleghi più anziani, che gli hanno ormai consegnato a piene mani le proprie esperienze.
Il tempo è passato e Giovanni non ha mai obliato gli insegnamenti ricevuti, anzi nel tempo hanno sempre rappresentano il presente, dei suoi colleghi più giovani. Nel 2002 Giovanni Lafirenze consegue il brevetto d’assistente tecnico B.C.M. n. 165, ma non dimentica mai il suo passato da rastrellatore. Ormai la BO.CA.MI. non esiste più e Giovanni nel frattempo presta la sua opera presso altre ditte, specializzate anch’esse nel recupero ordigni bellici. Conosce altri colleghi, ma la sua vita non cambia. Almeno fino al 13 Novembre del 2004 quando alle ore 10:30 subisce un grave incidente, che lo costringe lontano dai cantieri per quasi un anno.
In quei tragici mesi, decide di scrivere un libro “La Mia Bonifica”, che a suo giudizio deve rappresentare un messaggio d’amore al suo ambiente e, uno strumento-vetrina che permetta ai lettori di addentrarsi un lavoro mai considerato da nessuno.
Lafirenze in parte è in errore, infatti anche accompagnato da enormi difficoltà a distanza di 12 mesi riprende a confrontarsi con la guerra sepolta e le sue bombe. Intanto “La Mia Bonifica”, ottiene discreti successi. L’autore è chiamato in diverse circostanze a sostenere conferenze su questo “nuovo” tema.
CONCLUSIONE
Desidero lanciare un ultimo messaggio che vorrebbe sensibilizzare “tutti” i visitatori del sito: quante granate/ordigni, ho individuato e messo in luce nell’intero territorio italiano. Tante. Molte. Solo per fare un esempio: Sequals provincia di Pordenone 103.000 ordigni di vario tipo e genere. Allora? Una cosa è chiara, questi residuati bellici, non hanno origini biodegradabili e riescono ad essere ancora in grado di procurare seri danni a ognuno di noi e, in ogni luogo.
Desidero lanciare un ultimo messaggio che vorrebbe sensibilizzare “tutti” i visitatori del sito: quante granate/ordigni, ho individuato e messo in luce nell’intero territorio italiano. Tante. Molte. Solo per fare un esempio: Sequals provincia di Pordenone 103.000 ordigni di vario tipo e genere. Allora? Una cosa è chiara, questi residuati bellici, non hanno origini biodegradabili e riescono ad essere ancora in grado di procurare seri danni a ognuno di noi e, in ogni luogo.
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